Non solo Sushi!!! L’Happy hours nipponico.

Gli Izakaya sono dei tradizionali bar di Tokyo, minuscoli nei quali assaporare i Cicchetti/Spunciotti di Tokyo.

Gli izakaya si riconoscono perché hanno delle piccole lanterne rosse all’ingresso.

Semanticamente significa “i” (sedersi) “saka” (sake) e “ya” (negozio), locanda ove bere il Sake.

Sono molto economici e senza galateo , i cittadini vi si recano dopo il lavoro per le ultime bevute della giornata.

Si entra senza scarpe, ci si accomoda sul Tatami, nei locali più recenti vi è il bancone.

La tradizione impone di lavarsi le mani prima dei pasti, infatti gli inservienti, una volta che ci si accomoda, vi serviranno gli oshibori, il caldo ed accogliente “lava mani” caldo.

Come in alcuni “Bacari veneziani” si comincia con dei piccoli antipasti di finger food, dopodiché, qual si voglia, arrivare a patti più elaborati.

Sono dei veri e propri “Happy Hours” londinesi. I cibi e le bevande servite fanno parte della tradizione culinaria giapponese: dagli yakitori al sushi, dal sakè al whisky. Nella maggiorparte degli izakaya si utilizza la formula all you can drink and eat.

I migliori Izakaya di Tokyo?

Seguiteci…

“MANGEREMO NEI MIGLIORI IZAKAYA PER VOI

nel nostro imminente viaggio a Tokyo.

Cito.: Marco Togni

Inemuri, la “non-pennichella” giapponese.

I giapponesi non dormono, non schiacciano pisolini: fanno inemuri

Questa pratica diffusa consiste nell’addormentarsi in pubblico: nel bel mezzo di una conferenza, ad esempio, o a scuola o sui mezzi pubblici.

Nessuno sembra farci troppo caso: il Giappone è uno dei Paesi in cui si dorme meno al mondo a causa dei ritmi di lavoro incalzanti e dormire in pubblico è quasi un segno d’onore, la prova che si è esausti per aver lavorato tanto e che ci si merita un “premio”.

BBC Future ha analizzato questo fenomeno, scoprendo, grazie alla dottoressa Brigitte Steger, Senior Lecturer in Modern Japanese Studies della University of Cambridge, cosa si nasconde dietro all’arte giapponese del (non) dormire.

La contraddizione appare lampante: i giapponesi, fieri di essere grandi lavoratori e pronti a giungere al limite delle forze pur di soddisfare le richieste di un capo, vedono come segno di debolezza dormire a lungo. Eppure non hanno remore ad addormentarsi davanti a tutti. “Se dormire a letto è considerato un qualcosa da pigri, perché dormire durante un evento o al lavoro non è invece visto come espressione di indolenza?”, si domanda la dottoressa nell’articolo. “Che senso ha – continua – che i bambini rimangano svegli fino a tardi a studiare e si addormentino poi durante le lezioni?”.

Dopo aver per anni indagato i motivi, la ricercatrice crede di essere arrivata a capire cosa si nasconda dietro questo fenomeno e quali insegnamenti potremmo trarne.

In Occidente il sonnellino non è “sdoganato” come in Giappone: “L’inemuri non è considerato affatto dormire.

Viene visto diversamente dal dormire (come si potrebbe dormire la notte, ndr) e anche dallo schiacciare un pisolino. Che senso potremmo dargli?

Un indizio si trova nella parola, composta da due parti: ‘I’ che significa ‘essere presente’ in una situazione e ‘nemuri’ che significa ‘dormire'”. L’inemuri viene, dunque, considerato come un momento per sé, a cui ognuno è libero di abbandonarsi quando vuole e che non disturba la situazione sociale, proprio come il sognare ad occhi aperti. “Nonostante la persona sia mentalmente lontana, può tornare, appena richiesto, nella momento sociale che sta vivendo”, continua.

Anche la postura può rimanere la stessa: non è raro vedere lavoratori in giacca e cravatta dormire in piedi o seduti alle loro postazioni.

“I giapponesi, però, non concepiscono l’inemuri come riposino: è semplicemente un’assenza temporanea dal corpo dopo ore e ore passate a lavorare o a studiare.”

Per questo viene tollerato senza problemi: perché è il segnale più evidente della stanchezza estrema, un modo per abbandonare per un attimo i propri compiti per poi tornarci subito dopo. Un concetto, questo, che dall’idea del riposino occidentale è ancora molto lontano.

“I giapponesi – conclude la ricercatrice – non dormono e non schiacciano pisolini. Loro fanno inemuri.

Che non potrebbe essere più differente”.

fonte: huffingtonpost

«La nostra bocca si è aperta a voi, Giapponesi, il nostro cuore si è dilatato»

«La nostra bocca si è aperta a voi, Giapponesi, il nostro cuore si è dilatato». I giornali del giorno dopo probabilmente non avranno riportato queste parole del “Papa buono”, che peraltro sarebbe stato soprannominato così solo quattro anni dopo. 

Quel giorno, il 16 febbraio 1959, Giovanni XXIII siede davanti al microfono per registrare un radiomessaggio. Come Pio XII, anche Papa Roncalli segue la pratica di utilizzare di frequente la Radio Vaticana per raggiungere persone in posti lontani (a fine anno avrà registrato 21 radiomessaggi).

Quello del 16 febbraio vuole celebrare un evento, la prima messa in onda del Programma giapponese dell’emittente pontificia, il 29.mo idioma che va ad aggiungersi alla lista di lingue «radioparlate».

Un programma presente nel palinsesto tre volte alla settimana, della durata di un quarto d’ora, diretto a una piccola Chiesa rimasta praticamente clandestina fino agli inizi del Novecento.

Chiesa che in quello scorcio di fine Anni Cinquanta si sta organizzando sia strutturalmente (nel ’59 viene creata una seconda provincia a Nagasaki, la città dei 26 martiri crocifissi nel 1597, primi di una lunga serie), sia con iniziative mirate, come la prima traduzione cattolica della Bibbia in lingua popolare che vede la luce sempre in quell’anno.

(Fonte: “L’Eco di Bergamo”)

Sicuramente il Wasabi che mangi, non é Wasabi.

Il wasabi è una pianta di origine giapponese appartenente alla famiglia delle Brassicacee. Della stessa famiglia fanno parte anche il ravanello, il cavolo, il rafano e la senape.

Dal rizoma del wasabi si ottiene una pasta verde e piccante, usata nella cucina giapponese e chiamata con lo stesso nome della pianta: wasabi.

Il wasabi vero però è molto difficile da coltivare, e quindi è costoso: circa 140 euro al kg.

Per questo, nella maggioranza dei casi la pasta che ci viene servita al ristorante giapponese non è vero wasabi, ma un composto di rafano tinto di verde.

Il gusto è simile ma non è identico: quando si mangia il wasabi vero, la piccantezza dura poco, ed è seguita da un gusto dolce, mentre con la pasta di rafano la piccantezza è piuttosto aggressiva e dura a lungo, e non è seguita da nulla.

Unko Museum – museo delle cacche!!! :-O

Insieme alla stagione dei fiori di ciliegio a marzo, Yokohama, la città portuale adiacente a Tokyo, aprirà il suo primo museo interamente dedicato alla cacca.

É tutto vero!!!!

Si chiama “Unko (cacca in giapponese) Museum”, l’attrazione temporanea sarà in giro solo per quattro mesi dal 15 marzo al 15 luglio.

Ma non preoccuparti, la cacca qui è di tipo emoji, non é vera.

Il museo si concentra esclusivamente su unko carine, color pastello, complete con la loro mascotte ‘Unberuto., ovvero

una montagna di cacca ambulante che porta in giro il proprio wc.

Il museo è diviso in tre zone tematiche, ognuna delle quali prende il nome da un gioco di parole unko – “un’teractive”, un’ontgenica e un’intelligence.

Per gli Instagrammers, avrai la possibilità di scattare le foto mentre assaggi le mille coppe di gelato, indovinate a forma di cosa…

C’è anche una mostra di pezzi d’arte di unko, oltre a souvenir a tema di cacca provenienti da tutto il mondo.

Per maggiori informazioni, controlla il loro sito ufficiale qui (solo in giapponese).

https://ale-box.com/unkomuseum/

Arriva Ugo, il robot che ci farà il bucato.

Ugo sta arrivando dal Giappone e promette di toglierci uno dei compiti più gravosi in casa: quello di stirare.

Soprattutto chi ha figli e marito sa bene quanti indumenti ci siano da lavare ogni settimana, calzini, magliette, felpe e abbigliamento per la palestra.

Ma tra poco più di due anni tutto questo sarà solo un brutto ricordo. Entro il 2020 infatti i giapponesi promettono di perfezionare Ugo, il nuovo robot che si occuperà del bucato dell’intera famiglia.

E’ stato ideato dalla giapponese Mira Robotics e sarà in grado di stendere e ripiegare gli indumenti lavati. Al momento è telecomandato ma con il tempo diventerà sempre più autonomo e ci basterà controllare il suo operato attraverso una app scaricabile sul nostro smartphone. Insomma, potremo guardare il nostro robot domestico che lava e stira al nostro posto direttamente dall’ufficio.

Ugo è composto da un addome allungabile tra 110 e 180 centimetri, con una testa e due braccia corredate da mani pinzate che potranno sollevare fino a un chilo e mezzo di peso. Naturalmente vi sono anche tre telecamere, un microfono e un altoparlante, connettività Lte e Wi-Fi. Anche se non è ancora completamente perfezionato, i suoi ideatori pensano di riuscire a metterlo sul mercato entro il 2020 e già vi sarebbe un’idea del prezzo che potrebbe costare affittarlo, tra i 180 e 225 dollari mensili.

Un altro scoglio che dovrà essere affrontato è quello riguardante la privacy. Ugo infatti è dotato di occhi e orecchie e verrà comandato a distanza da un operatore umano che lo aiuterà nei lavori più difficili e manuali. I creatori di Ugo assicurano però che il robot non potrà leggere pagine e documenti privati, e che una volta terminato il lavoro potrà essere disconnesso e riposto in un armadio.

Vedi il video di Ugo all’azione…

fonte: Giornale.it

“Oshiri pen pen”

Ciao a tutti, questa è la terza immagine della nuova rubrica settimanale, dedicata alle gestualità nipponiche.

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Simpatiche illustrazioni mostreranno le posture ed i movimenti da compiere.

Seguiteci, portebbero servirvi per il prossimo viaggio, e sembrare così meno Gaijin (外人 gaijin).

Devil’s Ramen – SUPER SPICY

Vi piace il Ramen? Piccante? Allora segnate questo indirizzo, e guardate il video!!

Consigliato ⭐️⭐️⭐️⭐️ 😎😡👺😤😨😰😭🤤

Gomaryuu

Giappone, 〒169-0073 Tōkyō-to, Shinjuku-ku, Hyakuninchō, 1 Chome−23−17 大久保南口共同ビル 1F

+81 3-6279-1997

https://goo.gl/maps/1GBZ4vH8CZJ2

***BUON APPETITO*** 😉

vedi il video:

Gomaryuu – DEVIL RAMEN in Tokyo

Il Melonpan

I melonpan sono costituiti da un impasto aromatizzato, o farcito, ricoperti da un sottile strato croccante di biscotto. Prendono il loro nome dalla somiglianza che spartiscono con i meloni di Cantalupo, e sono effettivamente aromatizzati al melone[1], sebbene in tempi recenti siano stati davvero prodotti melonpan al melone. Esistono numerose varianti, alcune delle quali includono ripieni al cioccolato, al caramello, alla crema pasticciera e ad altri gusti.

Il nome ha una etimologia bilingue, dato che melon è un forestierismo dall’inglese, mentre pan è la parola portoghese con cui si indica il pane.

In alcune parti del Kinki, del Chūgoku e dello Shikoku, una variante a linee radiali è chiamata “sol levante”, e molti residenti di queste regioni chiamano spesso anche il melonpan tradizionale con lo stesso appellativo.

Il melonpan ed il pineapple bun di Hong Kong sono molto simili. La versione giapponese è più leggera, sia da un punto di vista di peso che di gusto, un po’ più asciutto, ed ha un più solido strato esterno (crosta fatta di biscotto) che resiste allo sfaldamento diversamente dalla sua controparte di Hong Kong, che dovrebbe essere trattato con cura dato che la crosta tende a sfaldarsi molto facilmente. La versione di Hong Kong è anche più umida e morbida, sia all’esterno che all’interno, e dotata di un più incisivo retrogusto al burro.

fonte: Wikipedia

Giappone primo mercato asiatico per il vino italiano

Nonostante il Paese asiatico in cui, negli ultimi anni, si sono concentrate campagne di marketing ed investimenti da parte del vino italiano sia la Cina,
il primo mercato orientale per le cantine del Belpaese, è tutt’oggi il Giappone, che da decenni ha strette relazioni culturali e commerciali con l’Italia. Secondo i dati dell’Ice di Tokyo forniti a WineNews, nel 2018 il Giappone ha importato vino italiano per un totale di 21,6 miliardi di Yen (intorno ai 173 milioni di euro, mentre il totale delle esportazoni in Cina nel 2018, secondo l’Ice di Pechino, è stato di 168 milioni di dollari, ovvero intorno ai 147 milioni di euro), per 39,6 milioni di litri. Un anno non brillantissimo, visto che, nel complesso, si è registrata una contrazione del 7,5% in volumi, a fronte di una sostanziale stabilità nelle quantità (-0,4%). A soffrire di più, come nel resto del mondo, sono i vini fermi in bottiglia, che valgono 16,8 miliardi di Yen per 30,2 milioni di litri, che hanno registrato una flessione dell’1,6% in valore e del 10% in volume, mentre crescono gli spumanti, che hanno messo insieme 4,2 miliardi di Yen(+4,2%) per 6,8 milioni i litri +4,2%. Italia che è secondo fornitore di bollicine del Paese, dietro alla lontanissima Francia, prima sia negli sparkling wine (con una quota di mercato dell’82,9% in valore) che nel totale vino, dove detiene una quota del 55% in valore (con l’Italia terza, nel complesso, con l’11,6% del mercato, di poco dietro al Cile, secondo, con il 12%).
E dove il Belpaese, però, è già considerato un produttore di qualità, al pari della Francia: se la fascia di prezzo più gettonata per i vini giapponesi e cileni, infatti, è tra i 500 ed i 1.000 yen a bottiglia (tra i 4 e gli 8 euro, ndr), per i vini di Francia e d’Italia, il range di prezzo più gettonato è quello tra 1.000 e 1.500 yen.
E molto, ora, ci si attende dagli effetti dell’accordo di libero scambio tra Giappone ed Unione Europea, in vigore dal 1 febbraio 2019 “Finalmente i vini italiani, ugualmente a quelli degli altri paesi europei, potranno beneficiare dell’esenzione fiscale, normativa gia’ applicata ai vini provenienti dal Cile. L’Italia è sempre stata riconosciuta nel Mondo come il Paese del vino – spiega l’Ice di Tokio – essendo uno dei leader mondiali nella sua produzione, con ampia varietà di vitigni e una lunga e feconda storia. Tuttavia, proprio la ricchezza di varietà e storia potrebbe creare difficoltà tra i consumatori ordinari, che rischiano di non cogliere pienamente tali grandi differenze”.
Una varietà del vino italiano che si conferma croce e delizia in ogni angolo del mondo e che, anche in Giappone, rende necessario uno sforzo di promozione non solo commerciale, ma anche culturale, da parte del sistema vino d’Italia.
E tante, per esempio sono le iniziative messe in campo dalla stessa Ice. “L’ufficio di Tokyo gestisce il progetto “6.000 anni di vino italiano”, che si pone l’obiettivo di favorire e ampliare la penetrazione dei vini italiani nel mercato giapponese, e viene realizzato senza interruzione dal 2011.
I protagonisti della “Campagna 6.000 anni di vino italiano” sono le aziende italiane che collaborano di concerto con gli organizzatori dei vari eventi promozionali, culturali, commerciali e di immagine riferiti ai vini italiani, che si svolgono in tutto il Giappone. E in questo contesto – spiega l’Ice giapponese – è organizzata anche la “Borsa Vini Giappone”. Nel 2018, nel mese di novembre, si e’ svolta a Kyoto e a Tokyo, aperta solo al professionismo. Senza dimenticare “Foodex Japan”, una delle più imporanti fiere del wine & food in Asia (di scena nel 2019 a Tokyo, dal 5 al 9 marzo) alla quale l’ufficio di Tokyo partecipa ogni anno, realizzando il Padiglione Italia, il più grande tra i padiglioni internazionali presenti alla manifestazione”.

Fonte: Windows.it

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Come Avere un Look da Geisha

Ecco una veloce guida su come avere un look da geisha.

Geisha –Un gruppo di professioniste giapponesi che studiano fin da bambine l’arte della conversazione, della danza e del canto, per intrattenere gruppi di uomini.

Questa è una semplice guida – ci sono diverse acconciature e abbigliamenti per i diversi passi nella carriere di una geisha.

maiko, Kyoto
Maiko – Venice to Tokyo – Kyoto – agosto 2015

Passaggi

  1. Decidi la tua acconciatura. Ci sono due opzioni. La prima è semplicemente quella di comprare una parrucca da geisha. Ci sono molti negozi online che ne vendono. In alternativa, puoi provare a pettinarti in stile geisha.
    • Devi avere i capelli lunghi per farlo. Potresti chiedere al tuo parrucchiere di farti delle extension.
    • Se il tuo parrucchiere conosce lo stile da geisha, puoi chiedere a lui di farlo. Altrimenti, dovrai cavartela da sola. Le informazioni al riguardo sono rare da trovare, specialmente in italiano, ma alcuni libri e siti spiegano tutto. Se non riesci a trovare indicazioni, legati semplicemente i capelli in alto, prendendo spunto da immagini che riesci a trovare.
    • Questo sito fornisce accessori tradizionali da geisha per i capelli. Anche se usi uno stile molto semplice, qualche accessorio servirà a migliorarlo. Tuttavia, molti costano più di 100€. Se è troppo caro, cerca della bigiotteria per costumi meno costosa.
  2. Truccati con cura. Se non sei brava a truccarti, raccomandiamo di farti aiutare da un’amica o da un’estetista. Il trucco da geisha deve essere perfetto. Guarda la sezione “Cose che ti serviranno” per controllare di avere tutto il necessario.
    • Le geishe usano una sostanza simile alla cera, chiamata “bintsuke-abura”, che spalmano su volto, collo e petto. Si tratta di un’ottima base per il trucco.
    • Prendi del fondo tinta bianco, e mischialo con un bel po’ d’acqua per creare una sorta di pasta. Applica il materiale ottenuto con un pennello al tuo volto e al tuo collo, come base. Potresti avere bisogno di passare diverse volte con il pennello: il volto, il petto e il collo devono essere completamente bianchi. Tuttavia, è importante lasciare della pelle nuda sotto l’attaccatura dei capelli. In questo modo, sembrerà ancora di più che tu stia indossando una maschera. E’ particolarmente importante farlo sulla nuca, una zona molto erotica in Giappone (come le gambe da noi). Se vuoi, puoi lasciare due o tre linee a forma di V libere dal fondo bianco. Infine, prendi una spugna, e passala su tutte le zone in cui hai applicato il fondo bianco: in questo modo assorbirai l’acqua in eccesso, ottenendo una pelle completamente bianca.
    • Prendi una matita nera per sopracciglia, e passala sulle sopracciglia. Guarda l’immagine – le sopracciglia devono essere piene e morbide. Noterai anche il colore rosso, quindi procurati una matita rossa – ma nota che ce n’è solo una minima quantità.
    • Prendi un pennello, e un eyeliner rosso liquido, e metti uno strato di rosso sulla palpebra superiore. Inizia la linea verso la metà della palpebra, e allargala leggermente verso la fine. Poi, prendi un eyeliner liquido nero, e usando un pennello più fino, passalo sulla palpebra superiore, come si fa nel normale trucco occidentale. Se vuoi, usa una minima quantità di ombretto rosso; se lo fai, prova a mischiarlo per formare diverse sfumature lungo la palpebra.
    • Usando una semplice matita nera, applica un soffice strato di nero alle palpebre inferiori.
    • Infine, le labbra. Usa un pennello sottile e un rossetto di un rosso brillante. Prima di tutto, usando una matita dello stesso colore del rossetto, disegna la linea delle labbra che desideri ottenere. Le geishe solo raramente colorano le labbra per intero – disegna un contorno piccolo, al centro delle labbra. Il resto delle labbra dovrebbe essere coperto dal fondo bianco. Quando hai deciso la forma delle labbra, colorale fino a quando non sono coperte di un rosso spesso e brillante.
  3.   Ci sono informazioni sui kimono in altri articoli di Wikihow.

Consigli

  • Se vuoi veramente assomigliare a una geisha, devi anche assumere un atteggiamento grazioso e da bambola. Abbi sempre un portamento elegante, sia in piedi che da seduta, e sorridi timidamente.
  • Se ci riesci, siediti nella posizione Seiza, come fanno spesso le geishe.
  • Truccati sempre prima di vestirti, in modo da non sporcare gli abiti.

Avvertenze

  • Fai molta attenzione quando metti il trucco sugli occhi. Con questo stile di trucco, gli errori sono molto più difficili da correggere, rispetto al trucco occidentale.

Cose che ti Serviranno

  • Bintsuke-abura
  • Fondo tinta bianco
  • Pennello per fondo tinta
  • Spugna
  • Matita nera per sopracciglia
  • Matita rossa per sopracciglia
  • Eyeliner rosso
  • Eyeliner nero
  • Pennello spesso per eyeliner
  • Pennello fino per eyeliner
  • Ombretto rosso
  • Pennello per ombretto
  • Matita nera per occhi
  • Pennello per labbra
  • Matita rossa per labbra
  • Rossetto rosso
  • ComeIndossare Scarpe di Taglia più Grande

fonte: https://www.wikihow.it

SUPER CAR elettrica giapponese

Aspark Owl è una velocissima sportiva elettrica realizzata in Giappone. Pesa meno di 1.500 kg, costa 3,1 milioni di euro, sprinta da 0 a 100 km/h in meno di 2 secondi e tocca i 280 chilometri orari di velocità massima.

La Aspark Owl è una supercar elettrica made in Japan dalle prestazioni sensazionali. Il team che ha sviluppato la vettura ha già dichiarato che potrebbe portare l’auto al Nurburgring con il chiaro obiettivo di stabilire il nuovo tempo record per una vettura a propulsione elettrica. rivelata al pubblico e presentata in anteprima al Salone dell’Auto di Parigi 2018, la Aspark Owl non è ancora un’auto destinata alla produzione di serie, ma l’obiettivo del team è proprio quello di produrla in serie, seppur a tiratura limitata.

Uno dei responsabili del brand Aspark ha recentemente rilasciato delle dichiarazioni a Top Gear: in sostanza le sue parole fanno trasparire grande orgoglio e fiducia nelle prestazioni della Owl, che può legittimamente ambire ad ingrangere il record del Nurburgring. Al momento il record “elettrico” del circuito è detenuto dalla Nio EP9, auto che non è però omologata per girare su strada. Cosa che invece è la Aspark Owl, pensata per girare tanto in pista quanto in strada.

Spingono la supercar giapponese quattro motori elettrici che sviluppano complessivamente 1150 cavalli e 883 Nm di coppia. Grazie alla monoscocca in fibra di carbonio e all’utilizzo massiccio del carbonio anche per altri elementi, il peso dell’auto è di soli 1.460 kg. Lo spint da 0 a 100 km/h è completato in meno di 2 secondi e la velocità massima è invece di 280 km/h. L’obiettivo dell’azienda giapponese è di produrre 50 esemplari e di presentare la versione deifnitiva al Dubai Motor Show 2019. Il prezzo? 3.1 milioni di euro.

fonte: infomotori.com

Setsubun せつぶん

Febbraio è l’ultimo mese di inverno in Giappone e il festival di Setsubun せ つ ぶ ん segna la fine dell’inverno e accoglie l’arrivo della primavera.

Setsubun せつぶん significa anche il giorno in cui gli spiriti maligni in agguato, sono cacciati via per assicurare un anno fortunato.

Un aspetto importante di questo rituale è che la persona che fa il lancio del fagiolo è ” T oshi otoko と し お と こ ” l’uomo dell’anno, generalmente al padre della famiglia.

RIARMO DEL GIAPPONE… e l’Italia, taglia!

Il Governo del Premier Abe continua sulla strada del riarmo delle Forze Armate giapponesi. Infatti, questo mese, è stato approvato il budget per la Difesa, che include, tra l’altro, 612,35 milioni di dollari per l’acquisizione di sei caccia di 5° generazione F-35A LIGHTING II, per l’anno fiscale che va dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020.

Oltre ai 42 F-35A già ordinati, il Japanese National Security Council and Gabinet ha autorizzato l’acquisizione di ulteriori 105 velivoli.

Tokyo ha inoltre approvato, per la prima volta, l’acquisto di 42 velivoli nella versione B, ovvero quella a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL), utilizzabili a bordo di unità navali. Quindi il numero totale di caccia sarà di 105 F-35A e 42 F-35B, facendo del Giappone il maggiore cliente del velivolo della Lockeed Martin.

Proprio per questo si sta trasformando il cacciatorpediniere portaelicotteri IZUMO (foto) in una portaerei pura, capace, magari con l’aggiunta di catapulte, di proiettare potenza al di fuori dei confini nazionali.

Inoltre è in progettazione un missile da crociera, con gittata di 900 km, in grado di essere aviolanciato dagli F-35. Questa tipologia di arme verrebbe utilizzata per colpire bersagli paganti, come grandi unità navali ma anche basi aeree e altre installazioni militari.

Appare evidente che il Giappone sia fortemente preoccupato dalla crescente aggressività, nel Pacifico, della Cina. A tal proposito continuano le rivendicazioni territoriali di Pechino nei confronti di arcipelaghi, come le isole Senkaku, che rivestono una grande importanza strategica per il controllo delle rotte commerciali.

I problemi non vengono solo dalla Cina, infatti la Corea del Nord, pur avendo ultimamente ammorbidito i toni, continua ad essere un Paese da tenere sotto controllo, a causa del suo significativo deterrente nucleare.

Il Governo italiano, invece, continua ad esprimere perplessità sul programma F-35, annunciando uno studio specifico mirato a verificarne il rapporto costi/benefici. Nonostante le frenate politiche, il capo di stato maggiore dell’Aeronautica Rosso ha dichiarato, lo scorso 30 novembre, che gli F-35A italiani hanno ufficialmente conseguito la IOC (Initial Operational Capability). Con il conseguimento di tale capacità, i nostri F-35A sono in grado di esprimere, primi in Europa, una capacità operativa reale con un velivolo di 5° generazione.

di Tiziano Ciocchetti da http://www.difesaonline.it

In Giappone un cocktail bar con vista rifiuti

https://www.youtube.com/watch?v=S7CcTobfBHU

 Un luogo insolito per andarsi a bere un drink dopo il lavoro. Invece il “Gomi-Pit” bar di Musashino, a Ovest di Tokyo (da Gomi che significa spazzatura) è pieno di gente, tutte le sere. La vista dalle vetrate non offre un panorama sulla città. L’affaccio è interno e mostra un braccio meccanico in funzione che acchiappa spazzatura.

Il locale, infatti, si trova sopra uno stabilimento di smaltimento rifiuti, dove c’è anche un inceneritore. Il contrasto è forte. Agli ultimi piani si ascolta musica e si bevono cocktail e vino, in basso cumuli di immondizia quotidiana tirati su da una gru fino all’altezza dei clienti intenti a fare l’aperitivo.

L’obiettivo è sensibilizzare sul tema e mostrare ai giapponesi quanti rifiuti producono. Ma anche i clienti sembrano apprezzare. La puzza non si sente, il bar è accogliente e di design e anche i bambini si incuriosiscono e si sensibilizzano sulla salvaguardia dell’ambiente e l’importanza del riciclo.

http://www.askanews.it

Il donburi

In hiragana: どんぶり), a volte abbreviato come don, che letteralmente significa “scodella”.

Un piatto tipico della cucina giapponese, costituito da pesce, o carne, o verdure o altri ingredienti lasciati bollire insieme e serviti sul riso.

Si tratta di un piatto veloce da preparare e molto sostanzioso, che dispone di molte varianti.

いただきます itadakimasu – “Buon appetito”

BIGNÉ TOTORO

  • Tagliate il burro a pezzi e mettetelo in una pentola con l’acqua, il sale e lo zucchero e portate a bollore a fuoco dolce.
  • Aggiungete poi la farina setacciata, tutta in una volta, spostando il tegame dal fuoco e girando di continuo con una frusta, per evitare la formazione di grumi. Rimettete poi subito sul fuoco e continuate a mescolare con un cucchiaio di legno fino a che il composto non si staccherà dalle pareti della pentola.
  • Ora trasferite il composto in una planetaria e lavoratelo per circa 2 minuti, non appena la pasta si sarà raffreddata aggiungete il primo uovo mescolate e fatelo assorbire completamente. Aggiungete man mano le altre uova seguendo sempre la stessa procedura. Se non avete la planetaria potete trasferire il composto in un recipiente e lavorarlo con un cucchiaio di legno.
  • Una volta aggiunte tutte le uova, mescolate bene fino ad ottenere un impasto liscio e cremoso.
  • Quando la pasta choux sarà pronta, versatela in una sac-à-poche, utilizzando un beccuccio liscio o a stella, e formate dei piccoli bignè da adagiare su una leccarda leggermente imburrata.
  • Sistemateli in modo che, gonfiandosi in cottura, non si attacchino. Spennellateli con un tuorlo d’uovo e cuoceteli in forno statico già caldo a 220° per un quarto d’ora.
  • Trascorso questo tempo abbassate la temperatura a 180° o 190° e continuate a cuocere per 10 minuti. Una volta pronti, spegnete il forno e lasciate intiepidire con lo sportello semiaperto per mezz’ora, così da permettere alla pasta di asciugarsi all’interno. Una volta raffreddati i vostri bignè sono pronti per essere farciti come più vi piace.
  • Consigli
  • Fare asciugare bene la pasta choux è importante per cuocerla nel modo giusto: si formerà così il vuoto all’interno che donerà volume alla pasta. Se invece non dovesse cuocersi bene, resterebba più piccola a causa dell’umidità.
  • Per creare la forma:
  • Un ovale per il corpo, seguito da 2 ovali per le orecchie.
  • L’impasto perfetto della pasta choux dovrà essere abbastanza sodo e semi lucido: un impasto troppo lucido indica che c’è un eccesso di uova mentre, un impasto opaco, significa che ci sono poche uova.
  • Evitate di rivestire la leccarda con la carta forno ma imburrate la teglia con un leggero strato di burro: i bignè hanno infatti bisogno di appoggiarsi bene al fondo per crescere. L’ideale però sarebbe utilizzate una teglia micro-forata: in questo modo i bignè si asciugheranno meglio.
  • Se volete preparare la pasta choux per una ricetta salata, non aggiungete lo zucchero.
  • Controllate la cottura in forno, senza però aprirlo nei primi 15 minuti. Se vedete che i bignè si stanno scurendo troppo, abbassate la temperatura. Una volta pronti farciteli subito.
  • Se volete eliminare le punte che si formano sull’impasto, quando lo passate nella sac-à-poche, bagnate un po’ il dito con l’acqua e schiacciate leggermente la pasta prima di infornare.
  • Conservazione
  • Una volta cotti i bignè vuoti possono essere conservati per una settimana all’interno di un contenitore ermetico e in un luogo asciutto. In alternativa potete congelarli: fateli raffreddare e metteteli negli appositi sacchetti per il freezer, in questo modo potrete conservarli per un mese.