«La nostra bocca si è aperta a voi, Giapponesi, il nostro cuore si è dilatato». I giornali del giorno dopo probabilmente non avranno riportato queste parole del “Papa buono”, che peraltro sarebbe stato soprannominato così solo quattro anni dopo.
Quel giorno, il 16 febbraio 1959, Giovanni XXIII siede davanti al microfono per registrare un radiomessaggio. Come Pio XII, anche Papa Roncalli segue la pratica di utilizzare di frequente la Radio Vaticana per raggiungere persone in posti lontani (a fine anno avrà registrato 21 radiomessaggi).
Quello del 16 febbraio vuole celebrare un evento, la prima messa in onda del Programma giapponese dell’emittente pontificia, il 29.mo idioma che va ad aggiungersi alla lista di lingue «radioparlate».
Un programma presente nel palinsesto tre volte alla settimana, della durata di un quarto d’ora, diretto a una piccola Chiesa rimasta praticamente clandestina fino agli inizi del Novecento.
Chiesa che in quello scorcio di fine Anni Cinquanta si sta organizzando sia strutturalmente (nel ’59 viene creata una seconda provincia a Nagasaki, la città dei 26 martiri crocifissi nel 1597, primi di una lunga serie), sia con iniziative mirate, come la prima traduzione cattolica della Bibbia in lingua popolare che vede la luce sempre in quell’anno.
(Fonte: “L’Eco di Bergamo”)